L’implantologia è la branca dell’odontoiatria che si occupa della riabilitazione protesica mediante l’inserimento di protesi radicolari endoossee.
Per semplicità possiamo dire che gli impianti sono delle radici artificiali alle quali vengono attaccati in modo fisso orimobibile delle protesi dentali.
Gli impianti hanno le forme piu’ disparate ma le piuì frequenti sono cilindriche o coniche con filettatura.
Gli impianti sono solitamente costruiti con Titanio di grado 4 (piu’ rari in Titanio grado 2 o 5). Altri impianti in passato venivano costruiti in acciaio o in particolari ceramiche. Si stanno effettuando ricerche per l’utilizzo di una particolare ceramica, la zirconia, che pero’ non ha ancora dato risultati completamente convincenti.
Il Titanio ha una ottima biocompatibilità e l’osso riesce, in condizioni controllate, a crescerci a ridosso ossificando l’impianto.
Le cause che possono portare ad un fallimento precoce sono solitamente una infezione o mobilità implantare nel periodo di guarigione. Per questo è importante l’assunzione dell’antibiotico quando prescritto. Il carico immediato puo’ provocare una mobilizzazione eccessiva dell’impianto con conseguente mancata ossificazione.
L’impianto poi va mantenuto bene (controlli periodici e ottima igiene). Ricordiamo che l’impianto NON é MIGLIORE DEI DENTI CHE SOSTITUISCE! è un ripiego. Un impianto integrato puo’ perdere la sua integrazione e la vita media di puo’ stimare sui 15 anni. I problemi che un impianto puo’ avere sono solitamente dovuti a infezioni croniche periimplantari (ossia: l’interfaccia tra l’impianto e il paziente) e raramente sono problemi meccanici dell’impianto.
Le prime tecniche implantari (italiane) prevedevano l’inserimento di viti direttamente nell’osso tramite foro nella mucosa. I pionieri della tecnica a carico immediato ebbero molti successi ma anche molti problemi, spesso dovuti alla mancanza di materiali idonei (il Titanio fu introdotto tra i primi dal dr. Tramonte negli anni ’60) e la sua lavorazione era piuttosto complessa. Non vi erano protocolli di decontaminazione della superficie e di sterilizazione.
Un passo avanti nella diffuzione dell’implantologia fu quando la scuola svedere introdusse gli impianti “sommersi” bifasici. L’impianto veniva inserito nell’osso e poi coperto con la mucosa gengivale. Lasciato guarire per un tempo deciso empiricamente in ambiente protetto (sterile e senza carico) veniva fatto emergere con un secondo intervento chirurgico in cui l’impianto veniva in comunicazione con l’ambiente orale. Spesso nella fase di guarigione non si doveva portare alcuna protesi provvisoria per il timore di caricare l’impianto. Una volta guarita la mucosa si poteva procedere con la protesizzazione provvisoria e poi defintiva. L’implantologia aveva migliorato la percentuale di successo ma allungato notevolmente i tempi e moltiplicato gli interventi chirurgici.
L’implantologia a carico immediato.
Dall’unione di queste due tecniche, e non con poche remore, si è arrivati alla tecnica del carico immediato.
I presupposti sono quelli di evitare le infezioni (che non viene isolato dal’ambiente orale durante la fase di guarigione ossea) e la mobilità, che comprometterebbero l’integrazione dell’impianto. Per questo motivo gli impianti vengono “splintati” (solidarizzati) ossia uniti rigidamente nella fase di guarigione per mantenere la massima stabilità. Il caso piu’ difficile è quelo dell’impianto singolo dove l’impossibiltà di stabilizzare l’impianto rende piu’ complessa la gestione della guarigione.
Dopo la solidarizzazione puo’ venire applicato un provvisorio immediato che permette una riabilitazione provvisoria che permette la masticazione (ovviamente con un po’ di attenzione e delicatezza), la fonetica e una estetica sufficiente, in attesa della definitiva guarigione dell’osso e delle mucose e della protesi defintiva.
La tecnica di implantologia a carico immediato (soprattutto se post estrattiva) è piu’ complessa e necessita di una programmazione attenta e rigorosa.
To Be Continued